Bologna nel medioevo

Bologna tra il 1380 e il 1410
Per ricostruire al meglio questo periodo abbiamo ritenuto necessario avere un quadro ben definito della situazione socio politica di Bologna tra il 1380 e il 1410.
Nel marzo del 1376 una rivolta costrinse il vicario pontificio ad abbandonare Bologna.
La rivolta era stata ispirata da Firenze nel quadro degli “Otto santi” che la opponeva allo Stato della Chiesa, ma aveva trovato forti motivazioni e convinti sostenitori all’interno della città, che stava vivendo un periodo di ripresa economica. La rivolta- questo ne fu un aspetto significativo – non sfociò in un cambio di signorie bensì nel ripristino delle antiche strutture dell’autonomia comunale, desuete da oramai mezzo secolo. E il nuovo regime amò definirsi, con un velo d’inconsapevole ironia quale “Signoria del popolo e delle arti” . Nella città, presto travagliata dagli immancabili contrasti di fazione e oggetto dei robusti appetiti degli stati vicini, il regime resse, di fatto, per un quarto di secolo. In questo breve periodo tuttavia si fissarono tratti essenziali di un ordinamento pubblico destinato a lunga vitalità e della stessa struttura urbanistica che ancora oggi connota il centro cittadino. Gli organi di governo usciti dalla rivolta del 1376 – il ripristinato collegio degli Anziani e consoli e i nuovi collegi dei Gonfalonieri del popolo, detti poi Tribuni della plebe, e dei Riformatori dello stato di libertà, poi Senato – rappresentano fino al termine del secolo XVIII la voce dell’autonomia cittadina. In quest’ultimo squarcio del secolo XIV, sorgevano altresì sotto la direzione di Antonio di Vincenzo, la loggia della Mercanzia e il palazzo dei notai e prendeva avvio la costruzione del grandioso duomo dedicato al santo della cittadino, Petronio, a sottolineare a un tempo l’autonomia politica rivendicata nei confronti del papa e la continuità dell’ortodossia religiosa.
Il periodo della Signoria e del popolo e delle arti si caratterizzò anche per un massiccio ricorso all’ornamentazione e della miniatura nei più importanti e rappresentativi registri pubblici. Il volume degli statuti dell’anno 1376, nati sotto il segno della ripristinata autonomia o “libertà” come si amava definirla, “da qui il nostro motto Libertas in Armis” è arricchito da diverse miniature rappresentati simboli e strumenti dell’organizzazione pubblica cittadina: dallo stemma del comune quale fermaglio del manto che avvolgeva il primo protettore della città “da qui il nostro stendardo” san Pietro, al giudice in atto di emanare una sentenza, dall’architetto che dirige gli operai addetti a un opera pubblica a san Luca, il “cancelliere di Cristo”, sotto la cui protezione sono posti i notai e le scritture da essi redatte per i privati e per il pubblico. I libri dei creditori del primo Monte di pubbliche prestanze, eretto in Bologna nel 1394, si aprono con splendide miniature di Nicolò di Giacomo, ricche di colori e di un genuino entusiasmo per l’iniziativa in essi attestata. E tante sono infine le miniature che ornano i registri prodotti da quelle società d’arti sulle quali ci basiamo per la ricostruzione dei nostri abiti.
Il cosciente impegno che traspare con immediatezza da queste miniature indica chiaramente che attraverso l’ornamentazione dei documenti pubblici si promuoveva il sostegno e l’esaltazione delle iniziative politiche in atto. E che a tale scopo ci sia avvalsi dell’arte dei più grandi miniaturisti dell’epoca contribuì non poco a raggiungere risultati di grande efficacia espressiva. Ciò non poteva bastare ovviamente a garantire il successo al regime uscito dalla rivolta del 1376. Il recupero delle antiche strutture di governo apparve presto più valleitario che reale, mentre più mentre più forti si facevano le contrastanti pressioni di Milano, Firenze e Roma. Agli inizi del XV secolo si ebbe la nomina di un nuovo signore, Givanni Bentivoglio, presto scalzato dai Visconti, sostituiti a loro volta dai legati pontifici e quindi, in un incessante alternarsi, da altri pretendenti fino all’affermazione, alla metà del secolo, dell’ultima signoria cittadina, quella dei Bentivoglio. In tutte queste vicende il potere venne gestito dai vari signori tramite organi istituzionali esistenti, nella costituzione tramite gli organi istituzionali esistenti, nella costruzione dei quali non si ebbero modifiche evidenti. Conseguenze si ebbero invece nella struttura della documentazione pubblica con lo sviluppo impresso ad alcune serie documentarie riflettenti l’attività del collegio dei Riformatori dello stato di libertà , assurto a primo organo cittadino, e quella del legato pontificio, quale espressione dell’alto dominio della Sante Sede. Non per questo i loro documenti (registri di Partiti e di Mandati dei Riformatori, di Suppliche e rescritti del Legato) furono oggetto di particolare ornamentazione.

Fonte: Haec sunt statuta: le corporazioni medievali nelle miniature bolognesi : 1999, Rocca di Vignola

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